Quello che non

Video per il significato della canzone Quello che non di Francesco Guccini

Richiesto da Qualcuno

Pubblicato 17 gennaio 2013

Ultima interpretazione 15 giugno 2023

Interventi 9 · Visualizzazioni 1177 · Annotazioni 0

Alessandro Descovi che muove le mani

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Significato più votato

Ascoltando questa canzone provo un sentimento struggente che mi riempie...sento un senso di provvisorietà che ci distingue da tutto, dal cielo, dagli oggetti e le cose che noi stessi abbiamo creato eppure ci sopravvivono...oltre alla dissoluzione di un'emozione, un sentimento, sento la dissoluzione della vita, che non siamo eterni, che le immagini viste e vissute, queste istantanee descritte svaniranno con noi....condivido l'incertezza, ma anche la provvisorietà...

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Per me descrive perfettamente l'estraniazione che le persone sensibili provano spesso osservando ciò che le circonda ...quasi fossero senza pelle e in certi momenti sentono il TUTTO che emana vita e nello stesso tempo solitudine.

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La sottrazione del tempo di vivere a chi ha già nel mondo di oggi un tempo sottratto e compresso, ("Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro, lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo...") in cui la sparizione dall'orizzonte interiore dei referenti di base della vita ci fa perdere la consistenza della vita stessa ("Lo sai che colore han le nuvole basse e i sedili di un' ex terza classe? L' angoscia che dà una pianura infinita? Hai voglia di me e della vita, di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non siamo più nulla?")

Anche se, per un solo attimo, l'unico, l'elevazione dello sguardo al cielo sembra scrutare la possibilità di risposte, ovviamente metaforiche ("Si fa a strisce il cielo e quell'alta pressione è un film di seconda visione, è l' urlo di sempre che dice pian piano:").

Su questa canzone dirà l'Autore "L'io narrante si rivolge a un'interlocutrice, come spesso accade nelle mie canzoni. La dissoluzione del rapporto emerge da una serie di immagini secche che, in apparenza, non hanno molto a che fare con il rapporto di coppia e che si sovrappongono l'una all'altra. Era un momento mio di grandi incertezze. Nonostante si trattasse di una questione privata, sotto c'era anche, per vie oblique, tutto il malessere delle sinistre, in evidente crisi d'identità. Credo che entrambi i disamori si siano influenzati a vicenda"

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Questo significato va ben oltre a quello vhe si pensa. Non sono impressioni, immagini suggestive. Non è panismo, e a mio parere neppure è il tempo il centro dell'attenzione nella canzone.
La canzone parla della meraviglia. È un'analisi sociale e filosofica disillusa, senza menzogne, piuttosto che una ancor troppo generale "impressione". Sì, quando parla di non-essere è nichilismo, ma un nichilismo sociale.
La prospettiva è quella di una delle tematiche più dibattute del ventesimo secolo, e un buon punto di riferimento lo si può trovare in Hannah Arendt:
Nella società oramai disincantata, dai rapporti sociali funzionalizzati, caratterizzata dal raggiungimento di obiettivi, si perde il senso di meraviglia sul quale si fondava il senso metafisico stesso.
Lo "stupore"; la "scoperta"; il vedere la realtà con sguardo contemplativo che trova nuovo (e, collegamento analogico più difficile che personalmente inserisco, "libero") ogni istante al contrario del modo di vivere così prevedibile che caratterizza la società e la svuota di bellezza. Ed ecco che questo significato appare soprattutto nella conclusione, che è assieme un grido pessimistico e chiede speranza: l' "alta pressione" dell'inizio diviene un "film di seconda visione", ovvero qualcosa che non stupisce più.
Qualcosa che sa di già fatto e già visto. Ci dice che, in fondo, viviamo una vita già vissuta, già decisa e prevista. Nulla ci stupisce.

La canzone non propone vere e proprie soluzioni, ma piuttosto chiede "lo vedi?", "lo senti?", interrogando l'interlocutore e forse se stesso. Guccini si chiede

Fonti: semplicemente un'attenta analisi, che considero ben fondata.
Forse non l'unica possibile. Commentate pure.

Non ho quasi argomentato, ma invito ad analizzare il testo per trovare le idee che ho proposto. Mi scuso per la sinteticità quasi criptica, per chi volesse consiglio il raffronto con opere quali "American Beauty", altre di Guccini, e un piccolo approfondimento che tocca la scuola di Francoforte, ad esempio Marcus e molti altri fino ad Hannah Arendt, sempre sul tema di stupore e meraviglia.

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Una grande e significativa canzone, senza dubbio ! Potrebbe anche apparire nichilista ma per contrasto dialettico anche come inno alla vita. Negandoci, sentiamo quanto siamo preziosi e che occorre cogliere l'attimo fuggente. "Ed è proprio l'idea della morte che ci aiuta a vivere" (U. Saba). Però il senso della vita dobbiamo cercarlo in noi stessi senza cullarci in illusioni metafisiche d'un improbabile aldilà (Nietzsche)

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"l' urlo di sempre che dice pian piano: 
"Non siamo, non siamo, non siamo..." provoca (volutamente) una reazione; quella di affermare l'essere. Ciò che È non può non essere!

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Per fare un uomo guccini

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Mi ricorda la poesia di Montale "Non chiederci la parola", con la ripetizione "non siamo" che enfatizza e rimanda all'ultimo verso: "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Il significato quindi lo andrei a cercare lì. Sono il solo? 

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Secondo me bisogna vedere le immagini a cui si fa riferimento: l’ex terza classe, i telai di una fabbrica, il treno, sassi tirati su vetri sono tutte immagini che richiamano il pensiero socialista. Al limite le auto a morire nei prati ricordano ( con le ciminiere) il proto ecologismo ( il vecchio e il bambino ).

È l’accettazione che l’identitificazione con il pensiero storico della sinistra italiana è fallimentare. Questo NOI è un riferimento generazionale. Ma con toni anche esistenzialisti consolatori. Noi sessantottini siamo dei falliti, ma in fondo tutti lo sono….

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Altre canzoni di Francesco Guccini

Testo

La vedi nel cielo quell' alta pressione, la senti una strana stagione?
Ma a notte la nebbia ti dice d' un fiato che il dio dell' inverno è arrivato.
Lo senti un aereo che porta lontano? Lo senti quel suono di un piano,
di un Mozart stonato che prova e riprova, ma il senso del vero non trova?

Lo senti il perchè di cortili bagnati, di auto a morire nei prati,
la pallida linea di vecchie ferite, di lettere ormai non spedite?
Lo vedi il rumore di favole spente? Lo sai che non siamo più niente?
Non siamo un aereo né un piano stonato, stagione, cortile od un prato...

Conosci l' odore di strade deserte che portano a vecchie scoperte,
e a nafta, telai, ciminiere corrose, a periferie misteriose,
e a rotaie implacabili per nessun dove, a letti, a brandine, ad alcove?
Lo sai che colore han le nuvole basse e i sedili di un' ex terza classe?

L' angoscia che dà una pianura infinita? Hai voglia di me e della vita,
di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita...

Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro,
lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo...
Si fa a strisce il cielo e quell' alta pressione è un film di seconda visione,
è l' urlo di sempre che dice pian piano:
"Non siamo, non siamo, non siamo..."

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