La notte di san lorenzo

Video per il significato della canzone La notte di san lorenzo di Murubutu

Richiesto da Lola

Pubblicato 30 gennaio 2019

Ultima interpretazione 06 marzo 2020

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Significato più votato

Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo…
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l’esser triste lume o un sorriso…
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un’altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così,
come un perdono?

Sono parole di Fernando Pessoa a cui sono particolarmente legata e che Murubutu mi ha richiamato alla memoria con la sua La notte di San Lorenzo

"La notte del 10 agosto è associata al santo di cui porta il nome, e le stelle cadenti ai tizzoni ardenti con cui fu trucidato sulla graticola", fonte.

Quale che sia il significato che l'autore attribuisce al brano, trovo questa splendido lavoro di Alessio Mariani quasi in antitesi con la poesia di Pessoa.

Ambedue i pezzi si diramano a partire da una riflessione sulle stelle che in un caso, porta alla luce l'attesa e la sofferenza esistenziale, dall'altra la nostalgia che si collega al tema del desiderio. In un caso peso dell'anima, nell'altra dolcezza, aspettativa mancata, ricordo.

Non a caso, dando una scorta all'etimologia della parola desiderio, possiamo notare che è fittamente legata proprio alle stelle, quasi a ricordarci che gli astri e la ricerca di una dimensione augurale sono connesse fin dalle radici.

E' stato infatti notato che la parola desiderio:

deriva dal latino de-sidera, mancanza (de) di stelle (sidera, da sidus, sideris). Nel senso di “avvertire la mancanza delle stelle, cioè dei segni augurali”, e perciò “appetire qualcosa che manca” (Dir).
Per il Pianigiani “togliere lo sguardo dalle stelle per difetto di auguri”, e cioè di buoni presagi.


Murubutu racconta di un innamoramento giovanile che si è interrotto. La scena si apre con lei che torna dopo diversi anni e rivedere il vecchio paese dove abitava da bambina schiude il cassetto della memoria. Ogni parola di questo testo richiama all'attenzione quei gesti pieni di desiderio e aspettativa che caricavano le estati di significati e sentimenti autentici.

Gesti che si sono persi nel tempo, sepolti da una vita che scorre ormai lontana e straniera (come suggerisce il ripetersi di "Ciao/Goodbye") ma che sono riportati vivi nel presente al ritorno di lei e allo scoprire che nulla è cambiato, il paese è sempre lo stesso mondo fatto di poche case abbarbicate sul Tirreno.

Nel raccontare la dolcezza di questo primo amore, Murubutu porta in superficie un tema sociale centrale per molte realtà rurali dell'Italia: la diaspora che porta piccoli paesi e villaggi a essere abbandonati dai giovani, che muovono verso centri più grandi per studiare e lavorare.

Stiamo parlando di decine, forse centinaia di borghi spopolati che sono ben rappresentati da questo brano e dal video che l'accompagna, che descrive a mio giudizio in modo molto efficace il confronto tra la nostalgia di un desiderio mancato e il sapore di un paese che rimane immobile nel tempo, impermeabile ai cambiamenti e perciò impermeabile al cambiamento e  leva vivissima del ricordo.


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Bellissimo il tuo commento alla canzone di Murubutu. Mi è piaciuto come hai introdotto la tua riflessione con le parole di Fernando Pessoa… ho immediatamente pensato che il sentimento descritto da Pessoa in quelle parole è agli antipodi da quello che emerge dalla canzone, come poi hai proprio spiegato tu. Le parole che citi di Pessoa sono quelle inquiete di Bernardo Soares, mentre il testo di Murubutu mi fa pensare di più all' altro eteronimo di Pessoa: Alberto Caeiro, che la vita la sente piuttosto che pensarla. E questo brano, nonostante il tema del tempo che passa e della mancanza, è colmo di vita e di poesia. È una collezione di momenti eterni perché quando si ama, si vive in un presente in eterno rinnovamento...e si è veramente vivi... e. questo permette di trascendere quel vuoto esistenziale causato dalla paura della morte grazie alla capacità di sentire una connessione più grande con la vita, con le stelle, con la terra e con quel paese che era " era un mondo intero". 
Il protagonista non è più in vita...almeno così traspare dal video...ma è vivo nella natura e in tutti i posti che lei rivisita...in cui i ricordi non hanno quella "stanchezza delle cose" di cui parla Pessoa-Soares ma hanno la vita di un "aldilà " che è sempre al di qua... nell' immanenza del vivere il presente con lo stupore essenziale di un bambino che sente le cose invece di pensarle. Impossibile per me non pensare all' "altro Pessoa" quello che sente la vita con uno sguardo nitido come un girasole:

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l'abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me...
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero...
Mi sento nascere a ogni momento
per l'eterna novità del Mondo...

Credo al mondo come a una margherita,
perché lo vedo. Ma non penso ad esso,
perché pensare è non capire...
Il Mondo non si è fatto perché noi pensiamo a lui,
(pensare è un'infermità degli occhi)
ma per guardarlo ed essere in armonia con esso...

Io non ho filosofia: ho sensi.
Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è,
ma perché l'amo, e l'amo per questo
perché chi ama non sa mai quello che ama,
né sa perché ama, né cosa sia amare...

Amare è l'eterna innocenza,
e l'unica innocenza è non pensare...

Fernando Pessoa ( Alberto Caeiro).

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Testo

E quindi adesso sei tornata a salutare nel paese
Poi tra poco te ne parti per tornare via
E ti ricordi il punto esatto oltre la siepe
Dove il sole va a svanire oltre le linee della ferrovia
Vero, qua è tutto uguale, per questo è perfetto
Per questo che alla notte sembra una magia
E anche quell’alba se n’è andata da un pezzo
E vive dentro un basso di periferia
Non respiro ed è il vento fra le vigne e il frumento
Il cuore a mille nel petto
Correvamo fino alla follia
Illuminati di gioia sopra i muretti a secco
E noi così felici da lasciar la scia
E notti di brezza, salivamo su in vetta
Contavamo le lampare là lontane delle barche in pesca
Ascoltavamo le campane raccontare le montagne
Mentre il buio ci parlava con l’astronomia
Per noi bambini quel paese lì era un mondo intero
E non un grappolo di case appese sul Tirreno
E non un tratto di strada in lotta col terreno
Dall’altro lato il litorale, tutto il nostro impero
E all’armonia di quel mondo bastava un secondo
Un equilibrio lieve a cui servivi tu
Per sentirci su un dondolo su tutto il mondo ci dicevamo piano “Non cresciamo più”

Dai, prendi e dai, e forse lo sai
E cosa ne sai
‘Ste notti non torneranno mai
E questi anni sulla loro scia
E vedi, vedi, vedi
Come vedrai, come vedrai
Le stelle non moriranno mai
E senza credere nell’aldilà
E poi mi saluti “Ciao, bye bye”
Ancora “Ciao, goodbye”
Ritornerai a salutarmi in questi giorni
È vero, vero, vero
Passi un giorno, un anno intero
Tanto mi ritroverai
In ogni notte sopra le città

E quindi penso che quel giorno quando il mio cielo si spense
Fu per colpa della notte, non per colpa tua
Non era facile vedere in mezzo a quelle gole immense
Soprattutto così in alto nella notte buia (uo)
Guardando giù in basso, le fiaccole in fila
Che allora illuminavano l’oscurità
E alla festa del Santo nota in tutta la Sila
Veniva tanta gente anche dalle città
Sotto un nero d’inchiostro, luna in cielo e d’avorio
Frugavamo dentro il buio, fra i lumi del cosmo
Cercatori di comete nei feudi dispersi
Ladri di Perseidi nel cielo d’agosto
E noi bambini del posto salivamo oltre il bosco
Scalavamo col fiatone per guidar la fila
Come per prenderci il nostro, il primo posto del borgo
O per vedere Orione appena più vicina
Ed ogni anno che ritorni
Quei ricordi li ritrovo ancora intensi come ieri dentro agli occhi tuoi
Cosa saremmo diventati dopo i giochi ed i diplomi
Forse sposi e chissà ancora, chissà ancora poi
Tu ti sei fatta grande, hai un lavoro e due soldi
E adesso che tu vivi in una gran città
Io sto ancora qui scalzo, felice come in quei giorni tra i monti
Io ho sempre quella stessa età

Dai, prendi e dai, e forse lo sai
E cosa ne sai
‘Ste notti non torneranno mai
E questi anni sulla loro scia
E vedi, vedi, vedi
Come vedrai?
Le stelle non moriranno mai
E senza credere nell’aldilà
E poi mi saluti “Ciao, bye bye”
Ancora “Ciao, goodbye”
Ritornerai a salutarmi in questi giorni
È vero, vero, vero
Passi un giorno, un anno intero
Tanto mi ritroverai
In ogni notte sopra le città

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