4 marzo 1943

Video per il significato della canzone 4 marzo 1943 di Lucio Dalla

Richiesto da Bianca maria

Pubblicato 17 dicembre 2017

Ultima interpretazione 17 dicembre 2017

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4 marzo 1943 di Lucio Dalla: gli effetti della censura sul significato di un testo.

Questo capolavoro di Dalla, scritto da Paola Pallottino, è conosciuto in tre versioni: l'originale, la censurata e quella diffusa attraverso il tour Banana Republic con De Gregori e Ron quale tecnico del suono. Il brano sarà poi inciso nuovamente nell'omonimo album. 

Una foto che ritrae Lucio Dalla e Francesco De Gregori
Il titolo inizialmente doveva essere Gesùbambino, tutto attaccato.

Ma era il 1971 e la censura in Italia purtroppo era ben più efficace che nel 2017, tant'è che oggi abbiamo una Levante che può cantare Gesù Cristo sono io senza dover preoccuparsi troppo. 

Pur di partecipare a Sanremo in coppia con la Nuova Equipe 84, Dalla accettò di apportare le modifiche al titolo di questa straordinaria ballata, che da allora si chiama 4/3/1943. Una scelta che mai convinse la Pallottino, così come mai la convinse la partecipazione a Sanremo e molte modifiche apportate negli anni seguenti allo stile del brano (fonte: (fonte: https://www.avvenire.it/agora/pagine/pallottino)

Si tratta della data di nascita reale del cantante bolognese. Come dichiara la stessa Pallottino con cui, grazie a questo brano si sancisce l'inizio di una felice collaborazione, si tratta di una sorta di tentativo di riscriverne poeticamente i natali:

«Voleva essere un mio ideale risarcimento a Lucio per essere stato orfano dall’età di 7 anni. Doveva essere una canzone sull’assenza del padre, ma poi è diventata una canzone sull’assenza della madre. Lucio la cantò la prima volta dal vivo nel dicembre del ’70 al teatro Duse di Bologna. Piacque così tanto che i discografici della Rca decisero di portarla a Sanremo. Fu il suo primo grande successo, ma Lucio ne rimase anche un po’ prigioniero. Così negli anni l’ha riproposta in varie versioni, facendole però un po’ perdere quel fascino iniziale che le era conferito anche dal violino di Renzo Fontanella (membro del gruppo di Dalla, Gli Idoli, ndr). Quella che uscì allora in 45 giri ricordo che era la settima versione registrata in sala d’incisione, mentre invece secondo me era migliore la prima. Ma comunque non fu quello il nostro miglior pezzo, su cui Lucio raccontò suggestivamente che nacque alle isole Tremiti anziché a Bologna»
 (fonte: https://www.avvenire.it/agora/pagine/pallottino).
Interessanti le riflessioni contenute qui, perchè mettono in evidenza gli effetti della censura sul significato del testo complessivo. Nella sostituzione del titolo, abbiamo infatti una virata dal generale - oserei universale - Gesùbambino, al ben più personale e autobiografico 4 marzo 1943, che sancisce in fondo la nascita di un solo uomo, non di tutti. Certo, attraverso un processo di immedesimazione è possibile dall’esperienza autobiografica spostarsi sul piano dell’ontogenesi, tuttavia credo che a primo impatto si possa registrare un primo grosso cambiamento rispetto alle volontà dell’autrice. In secondo luogo è stato notato che 

Il fatto di aver voluto censurare i versi "incriminati" ha eliminato una forte connotazione proletaria, oseremmo definire pasoliniana, legata all'ambiente povero, diseredato, problematico ma anche di vera e genuina umanità che l'autrice aveva saputo tratteggiare con le sue parole.
Anche questo secondo aspetto mi vede d’accordo. In particolare, credo che su vari fronti si sia voluto da un lato, allontanare l’immagine di Gesù dalla strada e dalla povera gente, cosa che come è stata notata figura invece proprio come un errore storico. 

Temi forti quali la guerra, la vita da orfani, le derive della povertà per strada, la brevità della vita e che, accanto alla parola Gesùbambino posta a titolo, cioè a cappello di tutte queste modalità d’esistenza, poteva portare in superficie un fortissimo contrasto (e la capacità di contenerlo come un ossimoro all’interno del verso poetico), ora slitta sul piano più personale (e perciò per me meno intenso) di un cantastorie che ci racconta di un uomo, come di un altro.

E tutto questo pur rimanendo un capolavoro.

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Testo

Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare
parlava un'altra lingua però sapeva amare
e quel giorno lui prese mia madre sopra un bel prato
l'ora più dolce prima d'essere ammazzato
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto
con l'unico vestito, ogni giorno più corto
e benchè non sapesse il nome
e neppure il paese
m'aspettò come un dono d'amore
fino dal primo mese
Compiva sedici anni
quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna
le cantò la ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare, giocava a far la donna
con il bimbo da fasciare
E forse fu per gioco o forse per amore
che mi volle chiamare come Nostro Signore
della sua breve vita il ricordo,
il ricordo più grosso, è tutto in questo nome
che io mi porto addosso
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino,
per la gente del porto
mi chiamo Gesù Bambino

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