Gulliver, significato

di Francesco Guccini
Significato della canzone Gulliver di Francesco Guccini
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“da tempo e mare non s'impara niente ...”
Lemuel (nome) Gulliver (cognome) con i suoi viaggi descritti nel libro di Jonathan Swift, ha fatto divertire (come “Robinson Crusoe”) i tanti bambini cui veniva letto. In realtà, parodiando questo racconto immaginario, si coglieva l’occasione per fare satira e allegoria dell’Inghilterra del 1700.
Guccini, ispirandosi a quanto sopra, ha realizzato, a suo modo, in musica e parole un' altra storia di viaggi.

Gulliver, ormai ricco di età e di ieri e col coraggio di chi non ha più paura del domani, raccontava agli attenti e incantati nipoti le storie (inventate) di giganti (come lui) e di nani (i lillipuziani). Quando incontrava vecchi amici che, anche se impossibilitati ad esprimersi con parole o con gesti, gli facevano capire di raccontarsi, lui lo faceva, ma, confondendo i viaggi attraverso i mari, con l’imitazione burlesca di essi, emetteva parole che in realtà erano “gusci vuoti”, perché raccontando ciò che ha fatto lui, gli altri non capivano avendo avuto esperienze di viaggio diverse dalle sue o addirittura non ne avevano avute.
“Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote?E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci, non ci siamo intesi affatto.” (Luigi Pirandello)
Allora anche in questo viaggio, come in altri(“Argentina”, “Amerigo”, “Don Chisciotte”, “Odisseus”, ”Cristoforo Colombo”), si arriva alla pessimistica conclusione, ripetuta più di una volta, che “da tempo(età) e mare(esperienza, viaggi) non s' impara niente”.
Anche Leopardi la pensa alla stessa maniera, infatti nella poesia “Al Conte Carlo Pepoli” sostiene che girando il mondo non si apprende niente se non noia immortale e tristezza:
“in cangiar terre e climi
l'età spendendo, e mari e poggi errando
tutto l'orbe trascorre, ogni confine
….........
Peregrinando aggiunge. E sotto
ogni clima, ogni ciel, si chiama indarno
felicità, vive tristezza e regna”.

la felicità non la guadagna chi gira il mondo, ma chi conserva (anche se non ha mai viaggiato) la capacità di guardare le cose con sguardo da bambino.
Il vero viaggio dunque non è dentro il mondo, ma dentro noi stessi, per capire i nostri dolori, i nostri patemi, i nostri desideri; fare la propria introspezione, insomma, per capire chi siamo e qual'è lo scopo della nostra vita.

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Guccini qui prende spunto dall'eroe raccontato da Jonathan Swift all'interno della sua più celebre opera, cioè "I viaggi di Gulliver".
In questa canzone, Guccini racconta il personaggio di Gulliver in un momento particolare della sua vita ("sorridendo come sa sorridere soltanto chi non ha più paura del domani"), oramai il suo avventuroso viaggio è terminato e ha tutta una vita alle spalle. Ripercorrendola nel racconto ai suoi nipoti, "ripensando a quell'incedere incalzante dei viaggi persi nella sua memoria", si vede costretto ad ammettere l'inutilità dei suoi viaggi ("da tempo e mare non s'impara niente"). Particolare è il fatto che l'amara conclusione a cui giunge, è in netto contrasto con l'accompagnamento musicale quasi frivolo.
Così delle avventurose navigazioni, delle rivalità lillipuziane, dei giganti, di Laputa e dei saggi Houyhnhnms non restano che "vuoti gusci di parole".

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