Coda di lupo

Video per il significato della canzone Coda di lupo di Fabrizio De Andrè

Richiesto da Piervanni

Pubblicato 20 maggio 2014

Ultima interpretazione 30 giugno 2024

Interventi 11 · Visualizzazioni 0 · Annotazioni 0

Alessandro Descovi che muove le mani

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Significato più votato

Il testo narra metaforicamente la parabola di una vita, dalla fanciullezza alla vecchiaia, personificata da un ideale indiano d'America, ma riferita a tutti coloro che nascono liberi e devono, per forza di un sistema di regole imposte, vivere vincolati. Probabilmente la metafora si riferisce, sul piano socio-politico, anche a chi quell'ideale di dignitosa libertà averebbe dovuto rappresentare e difendere, ma ha finito per tradirlo.
 La fanciullezza (innocenza, libertà e scoperta istintiva del mondo e della vita stessa) è l'unica, iniziale, parentesi di autentica felicità del protagonista, finché egli rimane lontano dal sistema di (falsi) valori degli inglesi, ai quali egli non crede perché perdenti nel rispetto della natura e dell'umano.
 Sarà l'irruzione di quel sistema socio-economico-culturale a determinare l'alienazione dalla “fanciullezza-vita autentica” incarnata da Coda di Lupo, con un evento tragico: l'uccisione (crocefissione) di suo nonno ad opera degli inglesi. L'omicidio si consuma in una bolgia di sangue e di crema, nella notte di Natale (la notte della lunga stella con la coda). 
 E' volutamente stridente l'accostamento-contrasto della natività alla crocefissione: il messaggio di fratellanza universale del Redentore, Dio degli inglesi, non c'è perché rinnegato, rimosso, crocefisso come colui che l'ha incarnato. La ricorrenza della natività è solo una festa “pagana” per assecondare il mercatismo, incurante della ferocia perpetrata per alimentare quel sistema: sangue e crema appunto. Perciò non puoi credere ad un Dio goloso.
 Coda di Lupo si ribella, si scaglia contro i simboli della classe che celebra i riti sociali (notte di gala) di quel modello perdente perché innaturale e anti umano: “uccide” uno di quei simboli (lo “smoking”) e se ne impossessa, come fosse lo scalpo di un nemico. I perdenti del confronto col sistema economico-sociale, i sopraffatti da idee che non sentono proprie, coloro i cui principi non sono riconosciuti, cercano una riscossa violenta, perché non si può confidare nello spirito (Dio) della Scala, tempio della società dell'apparire e dello sfoggiare.
 Coda di Lupo va via (forse fugge) per ritrovare il suo modo di essere autentico e libero (la tradizionale caccia al bisonte). Ma non c'è speranza perché l'uomo bianco, “civilizzato”, ha regolamentato tutto secondo i suoi canoni. Non è più possibile vivere naturalmente seguendo “la corrente di cavalli e di buoi” o di bisonti: il numero è chiuso. Non c'è un lieto fine e, quindi, non c'è un Dio a lieto fine.
 L'indiano Coda di Lupo ne ha l'ultima conferma in occasione del discorso di Luciano Lama all'Università La Sapienza di Roma, nel 1977, quando proprio gli indiani metropolitani “non fumano” col sindacalista il calumé ideale dell'alleanza per ottenere più libertà, diritti e dignità, ma lo cacciano come traditore di quegli ideali (“non era venuto in pace”). Non devi credere ad un Dio (fatti il culo) che chiede lavoro senza diritti e dignità, solo perché qualcuno si arricchisca.
 Quando la parabola metaforica della vita del protagonista (ciascuno di noi) è ormai discendente, egli ne trae un bilancio. La nostra “civiltà” comporta lo sposalizio e la procreazione (venti figli sul mio letto di sposo), lo svago (il teatro), l'uso di esplosivo per pescare in maniera selvaggia (le bombe a mano), l'elevazione di monumenti celebrativi del potere costituito a futura memoria (l'arco di Traiano), ma è perso il senso della vita autenticamente libera e a misura d'uomo, senza convenzioni artificiali, credi imposti al servizio di un potere, sistemi economici iniqui, leggi prevaricatrici. Coda di Lupo prova a scavare nella sua storia (storia occidentale) alla ricerca di quei valori autentici dell'animo umano, ma ormai fra gli inglesi (la nostra società) non ce n'è più memoria. Ma questa ricerca a volte si fa con un "cucchiaio di vetro", possibile allusione all'uso di eroina, nel vano tentativo di trovare in "paradisi artificiali" ciò che manca nella vita reale.

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Secondo me questa canzone racconta dell'incontro tra coda di lupo giovane indiano nativo e gli inglesi e il loro dio così lontani e inconprensibili per chi come lui è abituato a vivere a contatto con la natura e sopratutto nel profondo rispetto verso di essa.
Ma credo che questa sia solo una delle prospettive che vengono citate da de andrè perchè questa canzone parla anche di chi nasce rivoluzionario e integro nelle sue convinzioni e invecchiando è costretto a ridimensionarsi e a vivere secondo degli schemi ben precisi, anche se fino in fondo mantiene sempre una vena critica concludendo il testo con "e a un dio fatti il culo non credere mai".
Diciamo che gli inglesi e il capitalismo sono un tutt' uno con la società borghese contro le tradizioni delle società precolombiane americane intatte e integre.

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Ragazzi, il brano parla del movimento del 77, della cacciata di Lama dalla sapienza, dei valori piccolo borghesi da ammazzare, della sconfitta del movimento rivoluzionario e della deriva della lotta armata. Tutto sotto la metafora del movimento così detto degli indiani metropolitani di quegli anni. Però sono molto tenere le vostre fantasie interpretative. Un abbraccio

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Penso che la frase alla fine "colpisco un po' a casaccio perchè non ho più memoria" vada anche interpretata politicamente. Credo che alla fine della canzone, Coda di Lupo si impersonifichi in Dio, inteso come una persona a cui credere, non come divinità, ma come uomo. E ad un dio a cui manca la memoria è anche un dio si cui non ci si puà fidare. Penso che intenda la memoria storica, per esempio dimenticare la strage degli indiani è normale per gli inglesi e in US. Memoria, anche intesa, per esempio, nella storia Italiana come gli abusi e gli omicidi fascisti dimenticati. Un altro argomento per dire che si stia identificando in Dio lui stesso (per dire che crede in se stesso, alla fine di tutta questa storia) è perchè è lui ad essere stanco. E con sarcasmo dice "ad un dio senza fiato non credere mai". 

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In prima scrittura un verso diceva... ...e a un dio con la pipa non credere mai... Poi modificato in ...a un dio fatti il culo....👍

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La canzone si concretizza in una serie di comandamenti rivolti a se stesso di non cedere alle sirene dell americanismo inteso come mercatismo sfrenato sintetizzato nelle parole “a un dio degli inglesi non credere mai”

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Altre canzoni di Fabrizio De Andrè

Testo

Quando ero piccolo m'innamoravo di tutto correvo dietro ai cani
E da marzo a febbraio mio nonno vegliava
Sulla corrente di cavalli e di buoi
Sui fatti miei sui fatti tuoi

E al dio degli inglesi non credere mai

E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
Rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
Cambiai il mio nome in "Coda di lupo"
Cambiai il mio pony con un cavallo muto

E al loro dio perdente non credere mai

E fu nella notte della lunga stella con la coda
Che trovammo mio nonno crocifisso sulla chiesa
Crocifisso con forchette che si usano a cena
Era sporco e pulito di sangue e di crema

E al loro dio goloso non credere mai

E forse avevo diciott'anni e non puzzavo più di serpente
Possedevo una spranga un cappello e una fionda
E una notte di gala con un sasso a punta
Uccisi uno smoking e glielo rubai

E al dio della scala non credere mai

Poi tornammo in Brianza per l'apertura della caccia al bisonte
Ci fecero l'esame dell'alito e delle urine
Ci spiegò il meccanismo un poeta andaluso
- Per la caccia al bisonte - disse - Il numero è chiuso

E a un Dio a lieto fine non credere mai

Ed ero già vecchio quando vicino a Roma a Little Big Horn
Capelli corti generale ci parlò all'università
Dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce
Ma non fumammo con lui non era venuto in pace

E a un dio fatti il culo non credere mai

E adesso che ho bruciato venti figli sul mio letto di sposo
Che ho scaricato la mia rabbia in un teatro di posa
Che ho imparato a pescare con le bombe a mano
Che mi hanno scolpito in lacrime sull'arco di Traiano
Con un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia
Ma colpisco un po' a casaccio perché non ho più memoria

E a un dio senza fiato non credere mai

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