Alessandro e il mare

Video per il significato della canzone Alessandro e il mare di Roberto Vecchioni

Richiesto da Paola

Pubblicato 17 maggio 2018

Ultima interpretazione 27 dicembre 2019

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Riporto qui un interessante commento su Roberto Vecchioni e come il cantautore ha trasformato la figura storica di Alessandro in Alessandro e il mare.
E' una citazione un po' lunga, che tuttavia non mi sono sentita di tagliare, perchè mi pare tocchi alcuni punti essenziali dei versi di Vecchioni e dell'intento del professore di adoperare una figura storica così nota, non solo per restituire un pezzo del passato ma per fini narrativi di trasformazione e attualizzazione di un contenuto.
Il brano è del 1989.
La fonte è: novecento.org

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Alessandro e il mare narra l’ultima impresa di Alessandro Magno, che per Vecchioni non muore, banalmente come avvenne nella realtà, stroncato dalla recrudescenza di una antica ferita, bensì si annega volontariamente, assieme a tutto il suo esercito, per varcare l’ultimo confine, il mare, unica cosa che gli si para davanti dopo aver assoggettato ogni terra.
Alessandro cerca la conquista definitiva o forse solo l’infanzia perduta :

“Non un capello fuori posto/ mentre entrava a cavallo nel mare/ e il cuore gli batteva addosso/ come una donna che si va a sposare./E tutti lo seguirono cantando/ senza nemmeno sospettare/e gli andarono dietro contenti/ di dover annegare./ E tornava bambino/ quando stava da solo a giocare sui viali /…la fontana dai pesci d’argento/ che poteva soltanto guardarla e mai buttarcisi dentro./ E mentre si voltava indietro/ non aveva niente da vedere/e mentre si guardava avanti/ niente da voler sapere/Ma il tempo di tutta una vita non valeva quel solo momento :/ Alessandro così grande fuori/ così piccolo dentro.”

L’Alessandro di Vecchioni riprende alcune caratteristiche dell’Alessandro storico. Arriano (VI, 18-22) si dilunga a narrare diffusamente la fascinazione che sul re esercitò il Grande Mare che egli incontra alla fine della spedizione indiana.
Vecchioni riprende ed amplia quindi uno spunto che era già presente nella tradizione antica, ma sceglie di ignorare il dato di fatto per trasformare Alessandro in un personaggio compiutamente mitico. L’Alessandro di Vecchioni, “bello come la mattina il sole/come in una lontana leggenda/ perduta chissà dove” è un giovane re che non conosce l’ammutinamento della truppa stanca di guerre e pericoli ai confini dell’India. Si tace sull’Alessandro sospettoso di congiure, che perde fiducia e contatto con i suoi soldati e si lascia trascinare agli eccessi alcolici (ricordati invece, curiosamente, nella Canzone del Vino di David Riondino: “vino di Alessandro Magno, mi sarai compagno fino al mattino”). La morte fantastica di Alessandro viene pertanto posta nel momento in cui il condottiero invitto non ha ancora conosciuto le contestazioni e poi l’aperta ribellione dei suoi soldati e non si è lasciato andare a dure repressioni nel tentativo di mantenere l’ordine. Vecchioni lo fa morire prima di perdere l’innocenza e mentre cerca di ricuperare, attraverso un’impresa ammantata da un alone leggendario, proprio la purezza dell’infanzia.

Al contrario del personaggio presentato in Stranamore, quindi, l’Alessandro di Alessandro e il mare è un eroe puro. Di ritorno dall’impresa indiana l’Alessandro storico è un uomo che perde la sua aura, in un certo senso sopravvive (e di poco, per giunta) a se stesso. Per evitargli questa umiliazione, Vecchioni corregge la storia e lo fa morire prima, consentendogli una fine priva di ombre e degna di un eroe leggendario, quale il Macedone aveva tentato di essere per tutta la vita.
L’idea di un Alessandro perenne fanciullo segue Vecchioni. La sua figura torna infatti nel racconto Ongam Ordnassela, pubblicato nel volume Viaggi del tempo immobile, in cui si immagina un Alessandro che vince tutte le battaglie perché il fato lo ha destinato a vivere la vita all’incontrario. L’eroe accetta questo paradosso, tristemente sorridendo dell’ammirazione suscitata con il suo intuito in coloro che gli stanno accanto e affretta le azioni per poter ritornare più velocemente bambino, nella sua Macedonia. Alessandro diviene filosofo (proprio come Marco Aurelio) a causa della strana sorte che gli è toccata, e accettandola con assoluto distacco. Si diverte anzi a vedere quali margini di iniziativa personale gli consenta un destino già scritto :

“Tutta la sua tristezza gli nasceva dalle scelte negate … Nessuno che vada incontro al suo passato può cambiarlo : a malapena può supporre lievi variazioni… piccolezze che Alessandro conobbe bene col tempo, e fece grandi per non sentirsi stretto, per non sentirsi finito….ogni tanto mandava a chiamare qualcuno perché gli sembrava un po’ scemo quel gioco di andare a ritroso da solo e senza ragione…ma perse il suo tempo, ché anzi, per tutte le volte che fece delle supposizioni, credettero prevedesse il futuro e si stesero per terra adorandolo quasi fosse un dio oltre che un fulmine di guerra .”

Alla fine lo sventurato Alessandro precipita nella noia. Tenta di perdere tutte le battaglie e le vince. Ricorda di aver saputo in anticipo della congiura contro il padre Filippo, ma di non averlo potuto salvare. Vecchioni lo lascia a Babilonia, appena ristabilito da una malattia, mentre attende gli ambasciatori da tutto il mondo. Il racconto è una evidente ripresa di stilemi tipicamente borgesiani, come tutti gli altri contenuti nel libro. Avviene dunque anche qui quello che avevamo già notato avvenire nelle canzoni: l’antico di Vecchioni è un antico mediato, ricostruito non su fonti dirette, quanto più sul filtro della letteratura moderna e contemporanea".



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