Non ho che te, significato

di Luciano Ligabue
Significato della canzone Non ho che te di Luciano Ligabue
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<<Non ho che te>> è un brano inedito estratto dall’album “Giro del Mondo” di Luciano Ligabue, pubblicato il 14/04/2015.

<<Non ho che te non ho che te ti chiedo scusa se ti offro così poco Non ho che te non ho che te volevo darti tutto ciò che avrei dovuto volevo darti tutto ciò che avrei voluto>> Protagonista del singolo <<Non ho che te>> è un lavoratore, anzi, era un lavoratore: questi infatti viene licenziato a seguito dell’impassibile e inarrestabile crisi economica che si abbatte contro gli operai della “propria” fabbrica al cui vertice vi è il “capo”, forse un “capo” (data la comunanza del fenomeno) stremato dagli effetti delle difficoltà e dalle conseguenti scelte dettate una logica apatica che si staglia contro l’intero apparato del lavoro travolgendo tutti membri di quest’ultimo soprattutto sul piano sentimentale. <<E l’altro giorno ho visto il titolare / aveva gli occhi gonfi / la giacca da stirare / mi ha visto si e’ girato stava male / aveva gli occhi vuoti / la barba da rifare>>. <<Che cosa ho fatto per meritarmi tanto?>>: è questa la domanda che desta parecchie difficoltà nell’animo infranto dell’ex lavoratore, colui che si ritrova senza volerlo e contro le sue aspettative per l’impegno profuso in quel <<mio lavoro, [che] e’ sempre stato infame / ma l’ho chiamato sempre il mio lavoro>> licenziato. Tuttavia l’attenzione non è tanto rivolta all’analisi razionale e sterile della perdita del lavoro, ritraendo uno spaccato di vita comune ai nostri giorni (purtroppo!), (<<e c’han spostato sempre un po’ più avanti la pensione / ma quello adesso e’ l’ultimo pensiero>>) bensì al ritratto di un uomo che perso il proprio lavoro perde le proprie abitudini, i propri ritmi; anche i rapporti relazionali con la moglie mutano, la vita sembra stravolta (<<L’inferno è solamente una questione personale / all’improvviso e’ il posto che frequenti>>), quasi come non avesse un senso, un fine: perdere il lavoro equivale a perdere la propria dignità, utilità, è indice di impossibilità di <<dare tutto ciò che avrei voluto>> e di <<dare tutto ciò che avrei dovuto>>, insomma che <<cosa te ne fai di uomo che non ha un lavoro / di tutti quei vorrei pero’ non posso>>? Nonostante la palese critica nei confronti di una crisi falciante, che condiziona fortemente il “modus vivendi” dell’uomo, nei versi finali del brano si scorge un potenziale riscatto covato all’interno di ognuno di noi e alimentato soltanto dall’amore. Seppur l’uomo riconosca di essere stato privato della propria utilità a seguito del licenziamento, unica “ancora” è la donna amata, quel “te” destinatario declamato più volte proprio per rimarcare la vitale presenza della figura femminile che unica può restituire all’ex lavoratore quei sentimenti di amore vero, di salda sicurezza, che vanno al di là della quotidianità frenetica, talvolta dolorosamente spiacevole, e della futilità delle cose materiali.

<<Non ho che te non ho che te ti chiedo scusa se non ti darò abbastanza ti chiedo scusa se ti chiederò pazienza.>>

Immagine dell'utente RaiGtn98 | 1 Punti
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Ha sicuramete tanti significati, uno di questi è che lui si sia accorto che non abbiamo che Dio e nonostante durante la nostra esistenza lo ignoriamo e ci facciamo i nostri cazzi arriva un giorno (se siamo fortunati da aprire uno spiraglio nel nostro cuore di Amore puro) in cui Gesù ci sveglia, ci apre gli occhi e allora capiamo... che nonostante tutto non abbiamo che lui ;) Almeno io l'ho interpretata così :D

Immagine dell'utente Sander | 1 Punti
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