Richiesto da Ibob
Pubblicato 20 settembre 2017
Ultima interpretazione 03 aprile 2020
Interventi 4 · Visualizzazioni 0 · Annotazioni 3
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Anche questa canzone, come l'intero album Prisoner 709 è un testo che secondo me è fortemente autobiografico e racconta la prigione in cui Caparezza si è trovato negli ultimi tempi. Fin dalla descrizione iniziale infatti mi pare proprio che il rapper stia descrivendo fisicamente se stesso e la genealogia di un momento di incertezza rispetto a se stesso e alla professione, che lo ha (forse) bloccato.
Dopo tre anni di silenzio, infatti, dove evidentemente c'è stato lo spazio giusto per riflettere su di sè, sulla musica e sul senso in generale di tante cose, in questo brano come negli altri contenuti nel suo nuovo album affiora la forza matura di una persona che ha superato un grande scoglio esistenziale.
Quando ho ascoltato questa canzone per la prima volta ho pensato che stesse raccontando proprio questo al suo pubblico: cosa significa per un cantante non produrre per così tanto tempo, quali possono essere i dubbi, le paranoie e, perchè no, gli spunti di riflessione più maturi che da un momento di crisi affiorano, generando delle trasformazioni.
Raccontando della sua prigione, dello sconforto nel non sapere se c'è o meno una chiave per uscire dalla convinzione di non essere all'altezza.
Da questo è emerso secondo me un esempio consapevole di produzione artistica intimista, che racconta il momento della crisi e dello sconforto con lucida sincerità.
Credo che tutti, prima o poi, scivolino nel non so se sono capace, soprattutto quando svolgono attività in autonomia, frutto della propria creatività e in questo Caparezza ha buttato giù un testo dove sarà difficile non riconoscersi, là dove si svolge un'attività artistica (e lo intendo in senso molto ampio) in modo onesto nei confronti di sè e degli altri.
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Ciao, l'interpretazione di Lola è molto convincente.
Personalmente, al primo ascolto, ho pensato che Caparezza si rivolga ad un adolescente escluso dai suoi coetanei.
In questo senso potrebbe benissimo rivolgersi ad un se stesso giovane.
Immagino infatti un Caparezza particolarmente empatico nei confronti degli adolescenti che hanno vissuto o che stanno vivendo queste stesse sensazione di esclusione e marginalità.
Credo sia comunque molto valida anche il significato di Lola.
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Secondo me parla di fustrazione e depressione.
Che in qualche maniera, ha gestito e superato.
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Ti riconosco dai capelli, crespi come cipressi
Da come cammini, come ti vesti
Dagli occhi spalancati come i libri di fumetti che leggi
Da come pensi chi ha più difetti che pregi
Dall’invisibile che indossi tutte le mattine
Dagli incisivi con cui mordi tutte le matite
Le spalle curve per il peso delle aspettative
Come le portassi nelle buste della spesa all’iper
E dalla timidezza che non ti nasconde
Perché hai il velo corto da come diventi rosso
E ti ripari dall’imbarazzo che sta piovendo addosso
Con un sorriso che allarghi come un ombrello rotto
Potessi abbattere lo schermo degli anni
Ti donerei l’inconsistenza dello scherno, degli altri
So che siamo tanto presenti quanto distanti
So bene come ti senti e so bene quanto ti sbagli
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
Sguardo basso, cerchi il motivo per un altro passo
Ma dietro c’è l’uncino e davanti lo squalo bianco
E ti fai solitario quando tutti fanno branco
Ti senti libero ma intanto ti stai ancorando
Tutti bardati, cavalli da condottieri
Tu maglioni slabbrati, pacchiani, ben poco seri
Sei nato nel mezzogiorno però purtroppo vedi
Solo neve e freddo tutt’intorno come un uomo Yeti
La vita è un cinema tanto che taci
Le tue bottiglie non hanno messaggi
Chi dice che il mondo è meraviglioso
Non ha visto quello che ti stai creando per restarci
Rimani zitto, niente pareri
Il tuo soffitto, stelle e pianeti
A capofitto nel tuo limbo in preda ai pensieri
Procedi nel tuo labirinto senza pareti
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
Noi siamo tali e quali facciamo viaggi astrali
Con i crani tra le mani
Abbiamo planetari tra le ossa, pari e tali
Siamo la stessa cosa, mica siamo imparentati
Ci separano solo i calendari
Vai, tallone sinistro verso l’interno
Caronte, diritto verso l’inferno
Lunghe corse, unghie morse
Lune storte
Qualche notte svanita in un sonno incerto
Poi l’incendio
Potessi apparirti come uno spettro lo farei adesso
Ma ti spaventerei perché sarei lo spettro di me stesso
E mi diresti “Guarda tutto apposto
Da quel che vedo invece tu l’opposto
Sono sopravvissuto a Bosco, ed ho battuto l’orco
Lasciami stare fa uno sforzo, e prenditi il cosmo”
E non aver paura che
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
No, non è vero
Che non sei capace, che non c’è una chiave
Una chiave, una chiave, una chiave, una chiave
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