Il duomo di notte

Video per il significato della canzone Il duomo di notte di Alberto Fortis

Richiesto da Antonio

Pubblicato 19 maggio 2021

Ultima interpretazione 31 dicembre 2024

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Alessandro Descovi che muove le mani

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Canzone magnifica.

Copio e incollo: "La canzone Il Duomo di notte (contenuta nell'album di esordio "Alberto Fortis") è un'ermetica proiezione della propria vita, con le sue delusioni, le trasgressioni, gli amori e gli istinti, sulla dinamicità di quelle forme architettoniche. Colpisce l'efficacia musicale, scolpita in pochi semplici accordi suonati dal pianoforte, dalla melodia che evidenzia la tagliente vocalità dell'autore, e dall'ampio spazio lasciato agli strumentali, che in qualche modo completano ciò che resta sospeso e inesprimibile nel testo".

Fonte

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Un viaggio onirico nello spaccato di una tossicodipendenza ed il suo corollario più intimo...

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E’ la storia di una donna. Una donna che ha avuto una vita difficile … perché una notte, ha incontrato un uomo (o forse era proprio il suo uomo chi lo sa …) che per chissà quali ragioni è un disperato, un frustrato, un violento. Una notte purtroppo la stupra ( … le voglie di un uomo che ha per vita una gabbia, liberata dal sesso, ma gonfia di verità …). Lei rimane incinta, e quel “figlio balordo” lei lo decide di tenerlo dandolo alla luce lì in piazza, di notte, vicino al Duomo, sola probabilmente perché nessuno, magari nemmeno la sua famiglia, ha mai accettato quella maternità. Ma lei “con le doglie sincere di una maternità, che alla luce, di notte, nella piazza e con rabbia, ha donato, confusa, il suo figlio balordo”. Con doglie sincere … sincere perché l’amore di una madre per il figlio è sempre vero e sincero. Dopo quel parto, probabilmente una vita ancora più difficile, complicata, dura … a tirar su un figlio da sola, contro le voci, le malelingue e i pregiudizi della gente. E allora non resta che andarsene via lontano da tutto e da tutti ... e solo di notte quando quel figlio magari le dormiva accanto lei si trovava a riflettere sulla sua vita, e a cercare di capire la vera ragione di quella vita “sbagliata”. Ma è qui che l’autore dà un consiglio quasi paterno a quella donna parlandole in prima persona: “il suo posti lo trovi …”. Perché la ragione di quella vita sbagliata (sbagliata ma solo perché lei la riteneva così … ma la vita non è mai sbagliata … è sempre un dono … ) la vera ragione lei non doveva cercarla dentro le delusioni, l’ignoranza, i delitti che giustificavano i sogni infranti e mai realizzati. No … la vera ragione la avrebbe trovata lì dove stava, al suo posto … e il suo posto, lo avrebbe trovato semplicemente nel quotidiano “la ruota del giorno” fatta di quello di cui tutti noi siamo fatti, e cioè di tutta la grandezza e di tutta la miseria di cui siamo capaci. Siamo fatti così, la vita è così … e se vediamo solo la parte sbagliata non faremmo mai niente. E anche se le sue mani si sono affrettate a cercare gioielli “nel suo scrigno privato” (cioè, dentro di sé) non doveva rimanere delusa se in quelle notti impegnate invece di gioielli dentro di sé aveva trovato solo relitti. E non è un caso che dopo relitti, quando interpreta live questo pezzo Alberto grida … grida tutto il dolore di trovarsi di fronte ai propri errori, ai propri sbagli, ai propri relitti appunto. Ma quei relitti li abbiamo tutti dentro di noi. E a volte, come diceva Fabrizio De André (... dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior …” )proprio da quei relitti, sappiamo tirar fuori qualcosa di bello, di grande … sappiamo tramutare il male, in un bene. Questo deve aver capito in una di quelle notti quella donna … non senza passare attraverso lacrime e dolore. Ma ha capito che quel figlio non doveva essere per lei il ricordo di una vergogna, la prova davanti ai suoi occhi di uno stupro che avrebbe voluto cancellare dalla sua vita, il ricordo di una ferita che non guariva mai. No, quel bambino, il SUO bambino le ricordava che la vita, anche attraverso un dolore, le aveva donato una cosa immensa, e l’aveva resa madre. “… il dispetto felice sulla voglia che nasce, contrappeso all’istinto, alla cosa che piace, alla condanna del tempo, della gente del posto …” significa che la vita è sempre più forte della morte, che l’amore è più forte dell’istinto, della condanna e del giudizio della gente . E allora si poteva tornare ... SI’ … si poteva finalmente tornare da quel viaggio che aveva fatto da sola con quel bambino, perché si vergognava e aveva paura di tutto e di tutti. Quel viaggio che le aveva fatto sperare in una vita migliore seguendo la luce di quella stella. Quella stella era l’amore che lei sentiva dentro di sé … l’amore per il suo bambino che lei contro tutto e tutti aveva tenuto … e forse … quella stella era anche la luce della fede. Per tanti anni quella luce magari si era anche offuscata, forse anche spenta … fino a quando in una notte si era riaccesa perché aveva capito, come detto prima, che la vita era sempre e comunque un dono, la sua e quella del suo bambino, e che lei non aveva fatto niente di male, niente di cui vergognarsi. E allora immagino il ritorno dal viaggio in questo modo … lei che rientra nella sua città, fra la gente del posto … a testa alta, magari con quel bambino in braccio, sulle spalle, o semplicemente tenendolo per mano. Il sorriso e lo sguardo pulito di quel bambino a lavare ogni sudiciume, ogni cattiveria, ogni maldicenza. Solo splendore, in quegli occhietti belli, nel suo amore per la sua mamma, e nell’amore ritrovato di quella mamma per la vita, per il suo bambino, e forse anche per la fede che magari le avevano permesso di perdonare e perdonarsi. E che le permettevano finalmente adesso di vivere ancora … e di brillare … per tutta la vita. Fabrizio

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Le aspettative infrante dell'uomo

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