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E’ un testo molto poetico, ricchissimo di immagini molto forti che descrivono con straordinaria efficacia la lotta tra gruppi opposti (che siano esse famiglie, come in questo testo o semplicemente fazioni), soprattutto in ambienti piccoli, dove ogni gesto acquisisce una forza incredibile perchè appare come osservata al microscopio.
È una lotta senza pacificazione quella descritta qui, fatta di torti reciproci, di violenza profonda e non solo fisica, come si coglie dalle numerose presenze della parola ‘dolore’.
Qui si evince pure la critica che De Andrè fa sia all’autorità costituita che alla Chiesa, altro volto dell’autorità, posta a lenire il divario e che qui non svolge alcuna funzione pacificatrice. Le persone assistono infatti a questo scenario desolante che mortifica qualsiasi speranza di creazione di comunità, di collettività e lo fanno proprio dal sagrato di una Chiesa. Così l’unica possibilità che rimane è affidarsi alla fortuna o altrimenti al caso.
Ed è questo profondo significato che Fabrizio De Andrè esprime con una canzone dal titolo in sardo, sebbene di questa regione egli dicesse
La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso
Fonte
Disamistade in dialetto sardo significa infatti inimicizia/faida, ma non è alla Sardegna che qui sta alludendo a mio avviso De Andrè, quanto a un atteggiamento e un fenomeno che attraversa l’Italia tutta, da Nord a Sud.
Un fenomeno che mette in discussione lo stesso concetto di umanità, giacchè agli ideali di fratellanza e compassione prende qui il posto il principio secondo cui ‘il dolore degli altri è soltanto un dolore a metà’.
[...] è proprio dall'antinomica Disamistade che traggono la propria origine quell'elogio della solitudine e quell'inno all'isolamento che sono il tema di tutte le altre canzoni dell'album
Non so se Fabrizio De André l’abbia mai dichiarato ma la canzone Disamistade pare essere la sua interpretazione della storia del bandito Bustianu Tansu nella versione che ne diede Enrico Costa nel "Muto di Gallura." Non è difficile dopo la lettura del romanzo scrivere la versione in prosa della canzone. Anzi è semplicissimo. Il romanzo è ambientato nella Gallura dell’800.
Perche non lhai scritto te visto che e cosi facile ma fammi il piacere.
Fabrizio De André racconta: "C'è chi riesce a trasformare il disagio in sogno,e chi non ci riesce,restando prigioniero di sé e degli altri,nello spazio ristretto d'una società che spariglia destini e fortune e che crea invidia e faide:quella che i sardi chiamano DISAMISTADE,nata dal desiderio irrealizzabile di eliminare il tempo per tornare ad una condizione originaria in cui tutti siano uguali."
(Dal libro"smisurate preghiere" di
Cesare G.Romana)
Personalmente ritengo "l'ateo" Faber un uomo di grande capacità di ascolto del soffio divino che ognuno di noi ha in sé(chiamatelo come volete,coscienza o spirito anima).
Mi vengono in mente le parole di san Paolo"se un uomo che non conosce la legge,fa le cose della legge,ebbene quell' uomo è legge a se stesso"
Insomma io penso che sia Dio ad avere in bocca il punto di vista di Faber.
Il Dio della Bibbia ad esempio parla di un paradiso terrestre in cui gli uomini dimoreranno liberi uguali e pacifici.
Bravissima Soriana, è esattamente ciò che penso io. Sono così sicuro che abbia preso spunto da “Il muto di Gallura” che anche a Cumba racconta un rituale che ritroviamo nel libro.