Richiesto da federico

Pubblicato 27 marzo 2020

Ultima interpretazione 28 ottobre 2022

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Significato più votato

La versione originale di questa canzone, riproposta da Fabrizio De Andrè nel 1968 e contenuta in Vol. III, è di George Brassens (Le gorille), noto chansonnier francese che la scrisse nel 1952.

La canzone di Brassens si rifà alle 'canzonacce' da osteria e per un certo periodo fu il brano più censurato in Francia. Fu tuttavia lo stesso Brassens a censurarsi per primo, omettendo la frase a chiusa della canzone contenuta nella prima stesura del testo, che era dichiaratamente contro giudici e magistrati.
(Fonte)

La traduzione che ne fece De Andrè fu commentata molti anni dopo (1993) dallo stesso con queste parole:

Brassens la scrisse a ghigliottina funzionante. Cela un significato molto profondo sulla ingiustizia della pena di morte. La sentenza ingiusta, se una persona è in vita, si può sempre modificare, ma se la persona viene punita con la pena di morte, non è più possibile.

(Fonte)

Mi piace molto la lettura che ne ha dato Luigi Viva nel suo Falegname di parole. Le canzoni e la musica di Fabrizio De Andrè, dove sottolinea come qui De Andrè/Brassens "metta a nudo l'uomo, l'animale, confondendone i ruoli", (p.64)

Tutta la canzone è percorsa da un fortissimo senso di ironia e sarcasmo, adoperati come strumenti rivelatori di iniquità e votati a sottolineare le ipocrisia della società: "la differenza fra idea e azione".

Ribaltando la dinamica tra vittima e carnefice, tra giudicato e giudicante, la canzone a mio giudizio vuole essere un dito puntato contro le disuguaglianze che nella magistratura si perpetuano, un continuo crescendo che nella comicità della situazione descritta culmina coi versi finali, particolarmente chiari:

dirò soltanto che sul più bello
dello spiacevole e cupo dramma
piangeva il giudice come un vitello
negli intervalli gridava mamma

gridava mamma come quel tale
cui il giorno prima come ad un pollo
con una sentenza un po' originale
aveva fatto tagliare il collo.


Il gorilla, rinchiuso in una gabbia e posto alla gogna pubblica, diventa qui una sorta di giustiziere, in grado di ridefinire gli equilibri e ribaltare le figure in gioco, rivelando in questo modo le ipocrisie appena celate su cui si poggia il sistema.

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Il gorilla era un negro in gabbia

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